Quale è il classico errore nell’Export o IDE?
Gli errori più frequenti nell’export o IDE, in cui incorrono la maggior parte delle aziende che desiderano sdoganare il loro brand all’estero:
Errore 1
Approcciare il paese estero, con un orizzonte temporale di breve periodo, buttandosi spesso sulla prima opportunità che capita davanti, perseguendo l’obiettivo di ottenere da subito introiti, con il minimo investimento di risorse (monetarie, umane, organizzative)
Perché è un errore?
- In alcuni casi l’assenza di una oculata analisi del paese, genera pesanti conseguenze, un esempio, esportare prodotti agroalimentari in US. Senza una profonda conoscenza della complessa regolamentazione americana, che prevede regole restrittive ed interpretazione rigorosa delle stesse, è facilissimo incorrere in pesanti sanzioni, illeciti penali, e vista la forte tutela del consumatore finale, cause milionarie contro l’azienda esportatrice; ossia l’apparente opportunità si può trasformare in un incubo per l’azienda, con il rischio di essere banditi dal paese come esportatori e nei casi peggiori, ossia nel caso di contenziosi complessi anche la chiusura.
- Un atteggiamento frettoloso, porta spesso ad ignorare la gestione di brevetti e marchi, che ha pesanti conseguenze, limitando nel futuro il governo e le azioni nel mercato del paese estero;
- Inoltre, avere un orizzonte di breve periodo, porta probabilmente ad un iniziale incremento del fatturato, tuttavia nel medio periodo, spesso non si riesce a mantenere o a consolidare la quota di mercato acquisita, poiché manca il corretto presidio del mercato, l’attuazione di efficaci strategie di marketing territoriale. Porsi un orizzonte temporale più ampio, di medio e lungo periodo, forse comporta un minimo investimento iniziale, tuttavia consente di massimizzare la presenza nel mercato e i ritorni nel tempo, oltre a fornire una governance più rispondente alle necessità;
- Infine a volte per il tipo di prodotto da esportare o servizio, il paese di destinazione oggetto di interesse, non è quello più indicato, in quel momento o nel futuro, potrebbe essere persino dannoso;
Errore 2
Per certi comparti, attuare azioni solitarie, perseguendo spinte individualistiche
Perché è un errore?
- A livello globale, la competizione si sta facendo sempre più acuta, pertanto agire all’interno di un sistema, consente di approcciare il mercato, e il paese, con maggiore sicurezza e garanzie. I paesi esteri con maggiore cultura e tradizione all’esportazione, mostrano che questo atteggiamento collettivista porta a vantaggi rilevanti e in alcuni casi rappresenta la chiave di volta, determinando il successo o il fallimento di un progetto di Business Internazionale.
- Quando parliamo di sistema, intendiamo una azione sinergica tra più attori, fare sistema e fare sintesi, talvolta una positiva attività di lobby nel paese estero, tra i soggetti della filiera del paese esportatore; includiamo il sistema bancario, istituzionale, camerale, la sinergia tra il network di aziende che operano nella medesima filiera.
Esiste un detto africano che dice: “da soli si va più veloci, ma insieme si va più lontano”.
- Tutto questo è più vero per certi settori, ma ha riverberi trasversalmente.
Errore 3
Andare all’estero pensando di riprodurre le stesse azioni che si metterebbero in atto nel proprio paese
Perché è un errore?
- Perché il paese di destinazione, banalmente può avere regole, consuetudini, abitudini profondamente diverse dal proprio, e ignorare questi elementi, porta spesso ad imbarazzanti o peggio, a volte, tragiche conseguenze.
- In questo ambito rientra tutta la parte normativa del paese, la hard law e la soft law, la trasparenza delle regole, i costi indiretti legati alla burocrazia o alla corruzione, la semplicità o la complessità nel far partire un Business (rating doing business), gli adempimenti necessari nei vari livelli amministrativi di funzionamento del paese, (licenze, autorizzazioni e barriere di ingresso, ecc.). In questo ambito tuttavia includiamo anche una parte più Soft, ossia la Cross Culture, e la gestione della diversità culturale e relazionale, tema ampissimo che sembra influenzare pesantemente lo start-up di progetti e il governo di realtà consolidate.
Esempio 1
- Cosa prevale, l’individualismo o il collettivismo come paradigma alla base di decisioni e comportamenti? prevalgono logiche gerarchiche/di status o all’opposto spinte egualitaristiche?; la gestione delle relazioni che regole segue? ; la gestione del tempo? si evita o si tollera l’incertezza?; prevale uno stile comunicativo di alto o basso contesto?; è più importante l’armonia o il confronto diretto e il chiarimento?; ci si comporta in modo più formale o informale?
Esempio 2
- Nei paesi arabi a volte si presenta il decisore miliardario con abiti del tutto informali, e con l’imprinting europeo, si sarebbe propensi a pensare che sia un assistente, invece è il key man; un atteggiamento errato in fase di approccio preclude ogni ulteriore step successivo, neppure si arriva a parlare di business, ci si blocca prima;
Esempio 3
- Paesi middle east, con prevalente cultura collettivista; il decisore spesso non si presenta da subito, rimane nell’ombra e inizialmente è necessario avere una ampia condivisione con la squadra; se da parte nostra prevale un approccio diretto, confrontativo e focalizzato sul business, ignorando l’indispensabile bisogno della controparte di conoscerci, prima di tutto da un punto di vista personale, (la nostra famiglia, le nostre abitudini, chi siamo, cosa facciamo, come lo facciamo, magari al ristorante davanti a piatti locali), non si arriverà mai a discutere con la persona che decide.